Camminare è un atto
di apertura al mondo
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Camminare
significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo alla
coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione
che sollecita la piena partecipazione di tutti i sensi … La specie umana ha
“inizio con i piedi” ricorda l’antropologo Leroi-Gouran … La marcia è una
bella immagine dell’esistenza, qualcosa di incompiuto che sfida continuamente
lo squilibrio. Per non cadere, chi cammina deve subito compensare un
movimento con un altro che lo contraddice, mantenendo un ritmo regolare. Tra
un passo e l’altro si sta sempre sul filo del rasoio, oltre il quale è
inevitabile la caduta. In breve, l’atto del camminare riesce soltanto se si
concatenano i passi l’uno all’altro, sapendo che ogni eccesso di
precipitazione o lentezza indurrà la rottura. La marcia è un’apertura al
mondo, che invita a essere umili e a cogliere avidamente il momento. La sua
etica della curiosità ne fa uno strumento ideale per la formazione personale,
una scuola di vita che si avvale del corpo e di tutti i sensi … Per chi
cammina, la coscienza della propria vulnerabilità è un incentivo alla
prudenza e alla disponibilità verso gli altri, invece che alla conquista e al
disprezzo. Una cosa è certa: chi va a piedi raramente ha l’arroganza
dell’automobilista o di chi usa il treno o l’aereo, perché sta sempre ad
altezza d’uomo, e sente ad ogni passo la scabrosità del mondo e la necessità
di rapportarsi amichevolmente alle persone che incontra sul cammino …
Camminare è un atto che spoglia, che mette a nudo, e ricorda all’uomo
l’umiltà e la bellezza della sua condizione … Non siamo noi che facciamo il
viaggio, è il viaggio che ci fa e ci disfa e ci inventa (David Le Breton, Il mondo a piedi. Elogio della
marcia, Feltrinelli, Milano 2001). |